A pochi giorni dalla sua uscita FIFA 17 è già sul trono e non finisce mai di sorprenderci.
Puntuale come ogni anno, Electronic Arts presenta la nuova iterazione di FIFA realizzata dal suo studio di Vancouver, un po’ in ritardo rispetto alla concorrente Konami ma con tutte le carte in regola per avanzare la regolare candidatura al trono di sovrano indiscusso del calcio virtuale.Ma, per quanto divertente sia lasciarsi andare ai paragoni con l’avversario più diretto, ciò che risalta fin dalle prime battute è che questo FIFA 17 utilizza il predecessore come base per sviluppare tutte le novità introdotte, raffinando alcune delle meccaniche già consolidate e mantenendosi fedele a quelle che ne hanno decretato il successo nel 2015, nel tentativo diottenere di nuovo le luci della ribalta tutte per lui.
E di strada, Electronic Arts, ne ha fatta parecchia: dall’evoluzione tridimensionale a metà degli anni novanta fino ai capitoli più divertenti nel ’98 e nel ’99, la saga ha subìto una battuta d’arresto a causa di una conclamata incapacità nel ricreare gli aspetti più simulativi dello sport, nell’offrire la percezione di trovarsi davvero in campo che i giocatori trovarono invece nei vari International Superstar Soccer prima e in Pro Evolution poi, che dominò il panorama del cosiddetto gioco più bello del mondo in versione elettronica durante l’epoca della PlayStation 2.
Ma EA iniziò a fare le cose per bene dal 2008 in poi, recuperando terreno con una formula che rendeva finalmente onore alla quantità straordinaria di marchi e licenze ufficiali e che veniva costantemente migliorata ad ogni episodio. Dopo un paio di sfortunate battute d’arresto con FIFA 14 (con un centrocampo incredibilmente afflitto da bug di ogni tipo) e 15 (che vantava attaccanti inarrestabili nei contrasti uno contro uno), il 16 ha riguadagnato forza e consistenza e il 17 prosegue lungo la stessa strada senza mostrare incertezza sui propri passi. Io SONO ALEX HUNTER Una delle caratteristiche principali di questa serie calcistica è, al di là di qualsiasi ambizione simulativa, la sua accessibilità, ed è proprio quest’ultima ad aver reso il prodotto un autentico rappresentante dello sport che si sforza di emulare.
La facilità con cui chiunque può prendere un pallone e iniziare a fare qualche tiro simboleggia infatti buona parte del fascino, e tale attitudine viene replicata in termini ludici da simpatici tutorial che accompagnano le schermate di caricamento e consentono ai giocatori di fare pratica con i controlli, nonché con l’inedita modalità storia battezzata Il Viaggio, che gli sviluppatori definiscono un vero e proprio campo d’addestramento per i neofiti che si avvicinano al mondo di FIFA per la prima volta: prendendo spunto da quanto è già possibile sperimentare nei vari NBA 2K, saremo chiamati a vestire i panni di Alex Hunter, aspirante professionista britannico che, dai primi rigori battuti da bambino in un campetto locale, tenterà la scalata verso la gloria e il successo facendosi largo tra i famigerati exit trials fino a raggiungere la Premier League e sperare in un posto da titolare nel Manchester United.
Al nostro fianco avremo Gareth Walker, amico e compagno di allenamenti che ben presto si trasformerà in un rivale, più un’ampia rosa di volti noti del calcio internazionale che interagiranno in varie occasioni con Alex. Sebbene, come detto poc’anzi, il pensiero vada immediatamente al diretto antagonista di NBA Live, in realtà Il Viaggio si può considerare come una sorta di reinterpretazione sportiva della campagna di un qualsiasi Battlefield, e non soltanto perché FIFA 17viene mosso in maniera egregia dal medesimo Frostbite Engine: il giovane calciatore non è infatti personalizzabile in alcun modo e, sebbene sia comunque possibile scegliere le preparazioni atletiche cui prendere parte, la squadra nella quale giocare fra quelle che adocchieranno il nostro talento e il tipo di atteggiamento da adottare nei confronti di allenatori, colleghi e giornalisti grazie ad una gestione dei dialoghi molto simile a quella di Mass Effect e Dragon Age, in ultima istanza Il Viaggio è molto più simile ad un lungometraggio interattivo con una cadenza ben specifica ed un racconto che si sposta su binari predefiniti. Lascia infatti alquanto perplessi constatare come, per quanto impeccabili possano essere le nostre prestazioni, il destino di Alex resti comunque segnato da alcuni fallimenti imposti dalla narrazione, sulla quale non è possibile intervenire se non in modo appena marginale.
Per fortuna, con il prosieguo delle vicende, saremo in grado di influenzare la sua avventura con maggiore incisività grazie al rendimento in ogni partita, e non si può fare a meno di sottolineare come il livello qualitativo dell’intera produzione sia davvero elevato: dalla struttura ella trama, un po’ cliché ma assolutamente efficace, alla sensazione di appartenenza al team del quale sceglieremo di portare i colori, dalle conversazioni con i compagni di squadra alla possibilità di decorare la stanza con suppellettili a tema, Il Viaggio è stato confezionato per instillare nel giocatore sia le conoscenze necessarie per affrontare le restanti modalità offerte dal gioco che l’affezione per il mondo in cui il giovane Hunter ha deciso di muoversi, e che al contempo coinvolge anche noi. Bisogna inoltre specificare come la storia non vada a sostituire la già nota modalità carriera, immancabile anche in questo capitolo, che ci consente di prendere le redini di uno qualsiasi dei club presenti e portarlo in cima alle classifiche delle competizioni internazionali, come pure di modificare a nostro piacimento i giocatori selezionabili ed i campionati a disposizione. Anche se l’accento è stato posto solo sui grandi club, tralasciando quelli minori, e le accademie spesso propongano candidati dalle caratteristiche parecchio sbilanciate, la carriera è approfondita, ben articolata e si colloca a diverse spanne di distanza da qualunque altra offerta simile presente sul mercato.
E’ indubbio dunque che Il Viaggio sarà l’elemento sul quale si concentrerà l’attenzione dei più quest’anno, ma non dobbiamo dimenticare che il successo della serie, così come del qui presente episodio, nasca dal fatto che si tratta di un titolo divertente da giocare, e che la formula perfezionata dai programmatori di Vancouver sia riuscita a trovare il corretto equilibrio tra simulazione ed accessibilità a più livelli, sfumatura che continuerà a garantire l’afflusso di vecchi e nuovi fan anche dopo che le vicissitudini di Alex Hunter saranno divenute un lontano ricordo. I benefici derivanti dal nuovo motore grafico si notano nell’illuminazione complessiva dei campi da gioco e nei dettagli dei modelli poligonali, tanto in partita quanto ancor più durante le splendide scene di intermezzo de Il Viaggio. Di contro, gli stadi fanno sfoggio di migliorie tutto sommato trascurabili, mentre il pubblico resta sempre un pelo troppo generico, ma l’impatto d’insieme è considerevole e il salto di qualità dal precedente Ignite si può tranquillamente reputare un grande successo.
Per quanto riguarda il gameplay vero e proprio,FIFA 17 ha mantenuto i ritmi elevati del 15 unendoli allo stile difensivo del 16, ricompensando approcci meno aggressivi e più tattici che fanno uso degli spazi lasciati liberi dagli avversari e del possesso di palla. La fisicità sembra inoltre migliorata, perché ci ritroveremo spesso ad evitare gli spintoni dei difensori sul recupero di una palla ed a lottare per mantenere una posizione precisa durante i calci piazzati: benché l’intelligenza artificiale debba concedere ancora una volta qualche punto a Pro Evolution Soccer, che resta irraggiungibile in particolar modo nella gestione dei giocatori senza palla, l’impressione generale resta quella di trovarsi ai comandi del classico FIFA di sempre, e tale familiarità è proprio quella che riesce ad attirare ogni anno allo stesso modo stormi di fedelissimi e di nuovi proseliti. Spostandoci a bordo campo, con la giacca da manager indosso possiamo prendere una serie di decisioni che condizioneranno l’andamento della squadra prescelta, e l’ulteriore aggiunta di obiettivi da realizzare per accrescere il prestigio del club e l’opinione di sponsor e dirigenti è una novità apprezzabile, grazie ai quali otteniamo suggerimenti sulla conduzione ottimale dello stesso e riconoscimenti proporzionali ai risultati ottenuti: chiaramente, da società come il Real Madrid o il Borussia Dortmund ci si aspetta che prendano parte e, magari, vincano la Champion’s League oppure che riescano ad ingaggiare i nomi più importanti sul mercato, mentre il Portsmouth ha come priorità quella di non retrocedere e di allevare qualche talento in più dalle scuole calcio locali. Si tratta, insomma, di diversivi stimolanti che valorizzano l’esperienza, ma purtroppo non riescono a sfruttare appieno il potenziale di una modalità abbastanza trascurata dalla sua introduzione, e che esaurisce quindi il fattore novità in poco più di una stagione (in tempo di gioco).
Al contrario, la nuova edizione di FIFA Ultimate Team si presenta più attraente che mai, grazie al suo impressionante bacino di giocatori che rende possibile la ricerca e la formazione di un gran numero di squadre, a cui si aggiungono quest’anno delle sfide particolari che richiedono la presenza di atleti specifici, incoraggiando combinazioni che non prevedano soltanto l’acquisto dei titolari più forti sul mercato. Una volta completate le prove in questione, i giocatori coinvolti vengono scartati definitivamente in cambio di sostanziose ricompense, singolare variante sul tema ben più remunerativa della semplice vendita all’asta degli stessi. Come al solito, l’azione di gioco viene accompagnata da una ricca colonna sonora, presentata in anticipo da EA su Spotify: i brani abbracciano un’ampia gamma di generi, dal pop all’elettronica passando per l’hip hop, il rock e il folk (punto d’orgoglio nazionale è Sto Bene Così, del rapper campano Rocco Hunt), con il pezzo di apertura della playlist, I Trusted U dei Balkan Beat Box, che introduce subito nell’atmosfera giusta grazie al marcato sassofono di sottofondo che accompagna una fanfara di applausi e percussioni ed un coro dalle spiccate inflessioni reggae. Di certo, nessuno avrà difficoltà a trovare il proprio motivo preferito. La telecronaca in italiano è affidata agli inossidabili Stefano Nava e Pierluigi Pardo, il cui repertorio è stato arricchito da fraseggi extra a completo vantaggio della varietà.