AGRIGENTO. Arriva anche ad Agrigento l’eco della protesta degli avvocati. Con un flash mob silenzioso, il 16 aprile dalle 10 alle 10,30, anche i togati agrigentini manifesteranno in tribunale contro la cosiddetta “Operazione Poseidone”, l’azione di recupero di contributi sommersi avviata dall’Inps insieme all’Agenzia delle Entrate nel 2011, e da allora oggetto di controversie, giudizi e polemiche.
In base a questa operazione, non solo gli avvocati ma molte altre categorie di liberi professionisti (architetti, ingegneri, commercialisti, per citarne alcuni) vennero iscritti “d’ufficio” alla previdenza Inps. L’iniziativa per la provincia è stata organizzata dagli avvocati Maria Luisa Spoto e Vincenzo Gorgone che hanno già chiamato a raccolta tutti i colleghi agrigentini. Un sistema con cui l’istituto intendeva recuperare circa 6 milioni di euro di contributi sommersi ma che ha finito per trasformarsi, accusano gli avvocati, in una mannaia per gli autonomi. In concreto, infatti, a moltissimi avvocati e professionisti sono state recapitate cartelle esattoriali da un minimo di 2500 ad un massimo di 30mila euro. L’operazione Poseidone è stata già “bloccata” dal governo in carica nel febbraio del 2012, salvo poi tornare in auge nel 2015. Da questa vicenda sono scaturite migliaia di contenziosi, circa 500 dei quali conclusisi in primo e secondo grado con sentenze favorevoli ai professionisti che hanno avviato ricorso, ma poi ribaltate dalla Cassazione. Il caso Poseidone resta dunque aperto, con gravi ripercussioni soprattutto sui giovani avvocati.
“Degli 800.000 professionisti coinvolti fascia che va dai 30 ai 40 anni – e di basso reddito – entro i 5000 euro, nella maggior parte dei casi – dichiara l’avvocato Spoto- molti sono stati già costretti a cessare le loro attività cancellandosi dagli albi, ancora una volta nel silenzio assordante dello Stato. Non sarà – aggiunge il legale- una o più sentenze della Cassazione a stravolgere un principio di diritto. Perché – conclude Maria Luisa Spoto – non è diritto o giustizia ciò che limita la possibilità di una esistenza libera e dignitosa, che dovrebbe essere garantita dallo stesso Stato che oggi ci schiaccia. Perché di previdenza non si può morire”