Come negli anni precedenti, viene in questi giorni accolto favorevolmente dai favaresi il numero unico della Conferenza S. Vincenzo, per dare conto dell’attività svolta nell’anno precedente, pubblicando un rendiconto finanziario dettagliato delle entrate e delle uscite. Ma non solo ! Perché l’invito espresso a caratteri cubitali in prima pagina è abbastanza eloquente e significativo. Si dice infatti: “TENIAMO APERTA LA PORTA DEL CUORE” per sottolineare la necessità di non abbassare la guardia sulla frontiera della solidarietà, in un momento particolarmente difficile di disastrosa situazione economica cittadina, con aumento sensibile delle fasce di povertà negli ultimi anni.
Viene quindi pubblicato nelle pagine interne l’elenco dettagliato di tutti i benefattori, quanti cioè nel corso del 2016, nelle varie circostanze di gioia o di lutti si sono ricordati dei poveri, con offerte di varia entità, il cui ammontare complessivo risulta di euro 66.618,65. Una somma che per due terzi circa risulta già spesa in contributi vati a famiglie bisognose per buoni spesa (la maggior parte), contributo medicine non coperte dal Serv.San.Naz., affitto casa, luce e gas, acquisto indumenti, soccorsi urgenti, ecc…per un ammontare complessivo di euro 42.413,64. Così il nuovo anno 2017 inizia con un fondo cassa di euro 24.2015,01.
Viene anche ricordato il bilancio degli anni precedenti, a partire dal 1928, quando ad opera soprattutto di un gruppo di giovani del Circolo giovanile di cultura “A.Manzoni” e dell’Oratorio “mons. Giudice”, (oggi, inopportunamente da unpaio d’anni, non si sa perché, denominato “don Giustino”) , con la guida spirituale di don Filippo Iacolino, il 14 settembre, – quell’anno venerdì – riuniti in preghiera nella Chiesa di S. Vito, – (allora non ancora parrocchia ma solo rettoria) – concretizzarono il proposito di impiantare organicamente a Favara la struttura e soprattutto lo spirito delle Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli, fondate in terra di Francia da Federico Ozanam (1813-1853).
Anche allora Favara viveva una situazione sociale difficile, segnata da notevoli sacche i miseria; “tempi, in cui saziarsi di pane non era consentito a tutti”, come è facile leggere nelle cronache del tempo !
Una situazione che non lasciò indifferenti persone, come Salvatore Pirelli, Giuseppe Calzarano, Antonio Bruccoleri, Salvatore Lomeo, ed il giovane Gaetano Micciché (1906-1993), al quale ultimo, soprattutto si deve la più forte spinta propulsiva per fondare e far crescere a Favara la Conferenza S. Vincenzo.
In quel contesto sociale ed in quel giorno del 14 settembre 1928, subito dopo la partecipazione alla S. Messa celebrata da don Filippo Iacolino, uscendo dalla Chiesa di S. Vito, e passando per la Chiesa Madre, per informare della cosa l’Arciprete Pirrera, quelle persone ed altre iniziarono la “marcia della carità”, distribuendo “quarantadue lire fra tredici persone, con un minimo di una lira ed un massimo di cinque”.
E così, da quella prima “marcia” , di anno in anno, sempre con lo stesso stile di incontrare, avvicinare, conoscere e visitare le persone bisognose e le loro famiglie, di anni ne sono passati 88; e quello che inizia in questo 2017 è l’89mo.
Anche se oggi rispetto al 1928 i tempi sono certamente cambiati, la cultura e la sensibilità pure, tuttavia nel nuovo contesto sociale, purtroppo, non solo tanta povertà, come abbiamo detto, specie negli ultimi anni, è cresciuta….anzi forse, – duole a tutti constatarlo – per diversi aspetti, si è aggravata.
Perciò la Conferenza S. Vincenzo, in atto guidata dal prof. Salvatopre Fanara, risulta attuale e necessaria. Anzi da parte delle persone più responsabili ci si augura che, oltre alle diverse decine di attuali soci che operano, facendo del loro meglio,…. altri laici si aggiungano per testimoniare concretamente la solidarietà, anche nel modo più spicciolo, necessario talvolta per la stessa sopravvivenza.
Federico Ozanam, che ha voluto assolutamente laica la “Società” ha scritto: “Avvicinarsi alla miseria, toccarla con le mani, discernerne la cause dal vivo: ecco la migliore iniziazione ai problemi sociali”.
Vediamo bene che Papa Francesco ogni giorno insiste sull’attenzione ai poveri, cuore della spiritualità cristiana, riuscendo anche a recuperare sul piano del linguaggio, quella “simpatia” sulla povertà che la Chiesa aveva un po’ smarrito negli ultimi decenni del secolo scorso. Quasi che la stessa parola fosse passata di moda, relegata nelle utopie degli anni 60-70 del secolo scorso, quando – secondo alcuni – la Chiesa si sarebbe fatta condizionare da pauperismi di stampo marxista o pseudo tale. Per la Chiesa la scelta preferenziale dei poveri è il suo DNA, quindi grammatica obbligatoria… ragione di vita…. Vangelo.
Diego Acquisto