CAMPOBELLO DI LICATA. Angelo Middioni era un affiliato della famiglia mafiosa di Campobello ma non aveva ruoli direttivi. I giudici della Corte di appello di Palermo ribaltano la sentenza di assoluzione e condannano a 12 anni di reclusione il quarantaduenne cugino del boss Giuseppe Falsone, accusato dai pentiti Maurizio Di Gati e Giuseppe Sardino di avere gestito, su incarico del parente che per anni è stato a capo delle cosche della provincia, il clan del paese.
La pena inflitta è leggermente inferiore a quella proposta al termine della requisitoria dal sostituto procuratore generale di Palermo, Giuseppe Fici, che aveva proposto la condanna a 15 anni di reclusione. Secondo il magistrato che ha rappresentato l’accusa in entrambi i gradi di giudizio (negli anni scorsi, infatti, era in servizio alla Dda di Palermo) Middioni, dal 2004 al 2013, avrebbe diretto la cosca del paese. I giudici, comunque, sembrano avere escluso il suo ruolo direttivo anche se bisognerà conoscere le motivazioni per avere il quadro più chiaro.
“Le dichiarazioni di Sardino sono state riscontrate da Di Gati – aveva sottolineato Fici – e non c’è alcun dubbio che Middioni, contrariamente a quanto è scritto nella sentenza di primo grado, ha diretto la famiglia mafiosa di Campobello dopo essere stato scarcerato la prima volta”. Lo stesso Sardino era stato sentito anche al processo di appello. L’avvocato Giovanni Castronovo, difensore di Middioni, aveva replicato al pg dicendo che “le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia hanno un’unica fonte e, quindi, non sono riscontrate come prevede il codice”.