Assemblea Diocesana – La Chiesa Agrigentina interpellata dalle tante sofferenze del territorio
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Sospendendo tutte le Messe vespertine festive, parecchie delle 196 comunità parrocchiali della diocesi, tra cui quella di Lampedusa, hanno accolto l’invito dell’Arcivescovo a partecipare con una rappresentanza all’Assemblea Pastorale Diocesana, che si è svolta ieri pomeriggio, sabato 25 novembre al Pala-Moncada di Porto Empedocle.
Assemblea per la presentazione del Piano Pastorale 2017-2018 e contestualmente celebrare comunitariamente la 1ª Giornata Mondiale dei Poveri, che Papa Francesco ha indetto per il 19 novembre.
Dopo alcuni momenti riservati all’accoglienza dei numerosi operatori pastorali partecipanti, i lavori assembleari hanno avuto inizio con alcune interessanti testimonianze, precedentemente raccolte in un video che veniva proiettato su uno schermo gigante, con opportune dilucidazioni da parte Valerio Landri, direttore della Caritas diocesana e di don Giuseppe Agrò, vicario per la pastorale.
Seguiva quindi l’intervento programmato di don Vito Impellizzeri, della diocesi di Mazara, responsabile diocesano della Comunicazione, della Cultura e della Nuova Evangelizzazione della sua diocesi, nonché ex Parroco di Pantelleria, ex rettore del Seminario ed insegnante di Teologia Fondamentale alla Facoltà Teologica di Palermo.
Con un modo di porgere schietto, semplice e familiare, don Vito ha catturato l’attenzione dell’uditorio, presentando una sua lettura sapienziale dei punti salienti della lettera pastorale del nostro arcivescovo don Franco. Una lettera sul piano di lavoro proprio di questo anno pastorale 2017-2018, in sintonia con le altre lettere degli altri anni del suo servizio. Un particolare questo, ricordato espressamente da don Franco all’inizio della Lettera, e sottolineato da don Vito, che ha sollecitato l’assemblea a valutare positivamente questo particolare, segno di particolare attenzione e sensibilità di un Pastore, che segue con un filo logico l’evolversi del lavoro negli anni.
L’amore al proprio territorio è la prima disposizione fondamentale che deve maturare ogni operatore pastorale, prendendo esempio proprio da Gesù che amava tanto il territorio i Gennesaret e della Galilea , ha tenuto a ribadire don Vito. Così come fa nella sua lettera, in profonda sintonia con l’indirizzo pastorale di Papa Francesco, il nostro Francesco di Agrigento.
Un territorio vissuto e compreso dentro la tematica della fragilità, continuando nella “Traversata verso l’altra riva” che ha ispirato la proposta dello scorso anno; e quindi l’approfondimento della conoscenza del territorio con le peculiari fragilità caratteristiche dell’umano in generale e quelle proprie particolari, con uno sforzo specifico di incrociare il vissuto delle persone che non sono nella “barca” , e magari sono nelle “barelle”, abbandonando sogni di salvezza universale, e calandosi invece a curare le ferite sociali e talvolta anche fisiche dei poveri.
Una pastorale cioè capace di abbassarsi e vivere sempre in questo atteggiamento di semplicità e di servizio, in collaborazione con i confratelli, che, come dice la stessa parola, si scoprono tali vivendo la comunione.
Tutto questo può diventare possibile, “con uno sguardo nuovo”, per raccogliere meglio la sfida sempre impegnativa ma affascinate della comunione e della missione, ripensando costantemente la comunità, nel suo lento e magari accidentato cammino.
Pensieri tutti questi, illustrati da don Vito, che ha colto bene il filo conduttore del pensiero del nostro pastore don Franco Montenegro. Intanto, un impegno sempre vigile a superare la tentazione che spinge a non volere cambiare, rifugiandosi in un passato che nulla ha più da dire, specie alle nuove generazioni . Il cambiamento nella pastorale è l’espressione corporea della conversione, ad una pastorale davvero missionaria, in un processo continuo di sano e sapienziale discernimento.
Sono solo alcuni dei tanti messaggi raccolti nel corso dei lavori. Mentre il nostro sguardo sovente si posava su uno degli striscioni esposti in sala, che portava la scritta “We are Agrigento” : noi siamo Agrigento.
Una scritta anche chiaramente provocatoria di una Chiesa agrigentina in fermento, che trattando problemi pastorali sente il dovere in farsi carico anche di quelli politici, in un periodo in cui le persone preposte spesso sembrano proprio dimenticarsene, con i risultati negativi che su troppi campi sono sotto gli occhi di tutti; per esempio sul piano occupazionale, giovanile e non, e conseguentemente della dilatazione paurosa della povertà.
Diego Acquisto