Decadenza immediata degli attuali commissari aziende SSR per dichiarazione incostituzionalità della legge con la quale erano stati nominati.
Illegittima: è il marchio affibbiato dalla Corte Costituzionale alla norma approvata dall’Ars nel mese di marzo del 2017 che dispose le nomine dei commissari di Asp ed ospedali siciliani.
Contro quel provvedimento si era schierato subito il Consiglio dei Ministri, appunto impugnandolo . A distanza di oltre un anno giunge la sentenza della Corte Costituzionale, datata 22 maggio 2018 e depositata ieri (17 luglio).
Sotto accusa l’art. 3 della “legge della Regione Siciliana 1° marzo 2017, n. 4”, con il quale l’Ars optò per le nomine dei commissari, motivandola con il fatto che il nuovo elenco nazionale degli aspiranti manager non era ancora pronto e quello regionale non era aggiornato.
Secondo il Consiglio dei Ministri, invece, quella norma eccedeva le competenze attribuite alla Regione dallo Statuto speciale e, in quanto prevedeva i commissariamenti non consentiti dalla normativa statale, si poneva in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute (in violazione dell’art.117, terzo comma, della Costituzione) di ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento dell’amministrazione (articoli 3 e 97 della Costituzione).
Tra i motivi del ricorso del Consiglio dei ministri c’era pure il richiamo ad un’altra norma, secondo la quale fino alla costituzione dell’elenco nazionale le Regioni dovevano sì obbligatoriamente attingere da quello regionale di idonei, ma eventualmente pure dagli analoghi elenchi di altre Regioni: passaggio, quest’ultimo, che dalla Regione Siciliana non fu fatto.
Nella sentenza di ora, la Corte Costituzionale sottolinea che “la previsione di un elenco in cui devono essere iscritti i soggetti che intendono partecipare alle singole selezioni regionali è da ricondursi all’esigenza di garantire un alto livello di professionalità dei candidati, i quali debbono possedere requisiti curriculari unitari”.
Ed aggiunge: “Tale esigenza è espressione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, data l’incidenza che la professionalità delle persone che ricoprono gli incarichi apicali esplica sul funzionamento delle strutture cui sono preposte, con inevitabili riflessi sulla qualità delle prestazioni sanitarie rese”.
Poi la Corte Costituzionale va al punto: “Il mancato aggiornamento dell’elenco regionale degli idonei non vale a giustificare una previsione volta a derogare agli ordinari criteri per il conferimento degli incarichi in questione”. E questo perché “in mancanza dell’elenco regionale, l’ente territoriale deve attingere a quelli delle altre Regioni”.
“Pertanto- si legge ancora nella pronuncia della Corte Costituzionale- non sussistono le ragioni invocate dal legislatore regionale a giustificazione dell’adozione di una disciplina temporanea ed eccezionale, che stabilisce il divieto di procedere alla nomina di nuovi direttori generali delle aziende sanitarie provinciali e, in caso di scadenza naturale dell’incarico, dispone la nomina di commissari”.
Come se non bastasse, “la genericità della previsione regionale, che non definisce né le procedure, né i requisiti, né i termini di decadenza dei commissari, consente alla Regione di conferire gli incarichi apicali della dirigenza sanitaria in maniera ampiamente discrezionale, al di fuori del sistema delineato dal legislatore statale, mettendo quindi a rischio le finalità perseguite da quest’ultimo”.
Per tutto ciò, la Corte Costituzionale dichiara quindi “l’illegittimità costituzionale” della norma dell’Ars che invece di dare il via libera alle nomine dei direttori generali dispose il ricorso ai commissari.