Se non si riesce a vincere e neppure a mantenere il pareggio con un uomo in più per tutta la ripresa, vuol dire che l’Akragas non c’è proprio con le gambe e con la testa.
E’ la dimostrazione che il fallimento è dietro l’angolo.
Se gli altri riescono a vincere malgrado l’inferiorità numerica, vuol dire che sono squadra capace di giocare al calcio che non sempre è fortuna.
Con il Catanzaro la figuraccia è stata doppia visto che i calabresi hanno giocato in dieci per 50 minuti.
A questo proposito, quando l’arbitro Ricci di Firenze ha estratto il rosso diretto, meritatissimo, per il giocatore calabrese De Giorgi, sembrava cosa fatta raggiungere finalmente un risultato positivo.
Il primo dopo una serie di disfatte. Illudersi, naturalmente costa nulla.
C’è da dire anche che non è stato sbagliato affidarsi a Camarà dal primo minuto ma uno solo che può fare? La risposta la conosciamo.
Presente in tribuna Pino Rigoli, praticamente testimone della 17° sconfitta della sua ex squadra che non è ovviamente quella che lui ha conosciuto.
Altri tempi. Tempi in cui Agrigento poteva davvero sognare e vedere trasformare il sogno in realtà con Rigoli alla guida della panchina.
Adesso i play out si allontanano mentre tutto rimane fermo in attesa degli iraniani.
E sembrano inutili promesse anche quelle delle torri faro mobili per far tornare l’Akragas all’Esseneto.
Chiacchiere sopra chiacchiere insomma.
Tornando alla partita con il Catanzaro diciamo che quando è arrivato il pareggio di Mileto è sembrato aprirsi finalmente uno squarcio di luce nelle tenebre biancoazzurre.
Anche perché bisognava portare a casa punti pesanti per continuare ad inseguire la salvezza. Ad Agrigento, nessuno si illude.
Ma fa parecchio male dover ripetere le stesse cose da diciassette domeniche.
Lor signori riescono a comprenderlo?
Eugenio Cairone