La Procura della Repubblica di Agrigento ha richiesto ed ottenuto, dal Gip Alessandra Vella, il sequestro preventivo nei confronti dei beni di alcuni componenti del disciolto consiglio Comunale di Agrigento.
Il provvedimento, è stato disposto nei confronti dell’ex consigliere comunale di Agrigento, Alfonso Vassallo, 33 anni di Agrigento; Francesco Giambrone, 62 anni, di Cammarata, presidente Confartigianato – Federazione Provinciale di Agrigento ed Antonino Cicero, 57 anni di Agrigento, altro ex consigliere comunale.
I fatti contestati concernono la sussistenza di profili di rilevanza penale in una serie di condotte passate alla ribalta dell’attenzione mediatica nazionale apparse agli inquirenti, da subito, “distorsive delle prerogative e garanzie poste dall’ordinamento giuridico a presidio del corretto espletamento delle funzioni istituzionali proprie dei cc.dd. amministratori locali”.
La richiesta di sequestro, è stata avanzata dai sostituti procuratori della Repubblica, Santo Fornasier e Alessandro Macaluso e contemplava anche il sequestro beni (non accolto dal Gip) degli ex consiglieri comunali Francesco Picone, 39 anni di Agrigento e Alfonso Mirotta, 49 anni di Agrigento.
Il provvedimento è stato eseguito dalla Guardia di finanza di Agrigento.
L’iniziativa giudiziaria si inquadra nell’inchiesta scaturita dallo scandalo Gettonopoli al Comune di Agrigento, che passò alla ribalta dei media nazionali. Allo scandalo, seguì una clamorosa azione di protesta della popolazione agrigentina alla quale fece seguito la dimissione in massa dei consiglieri comunali allora in carica.
Queste le accuse: per Giambrone e Vassallo perché, “in concorso tra loro, Giambrone , nella sua qualità di presidente della Cgia – Federazione provinciale di Agrigento, ha predisposto simulatamente l’assunzione di Vassallo con la qualifica di segretario provinciale in data successiva all’elezione dello stesso a consigliere presso il Comune di Agrigento nel maggio 2012, con un trattamento retributivo pari ad euro 3.900,00 mensili, nella piena consapevolezza che Vassallo non avrebbe potuto fornire alcun concreto impegno connesso alla qualifica conferita sino alla decadenza dalla carica elettiva per le incombenze istituzionali connesse, inducendo in errore il Comune di Agrigento in ordine alla sussistenza effettiva del rapporto di lavoro ed alla qualifica conferita, nonché al conseguente trattamento retributivo dovuto, il quale, basandosi su legge, disponeva mediante apposite delibere il rimborso all’Ente indicato dei permessi giornalieri retribuiti mensili per la partecipazione del lavoratore dipendente agli impegni istituzionali procurava un ingiusto profitto al Vassallo pari a 102.962,21 euro, con contestuale danno a carico del Comune di Agrigento. I due hanno dunque commesso il fatto in danno di un Ente pubblico, di avere cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità e per Vassallo di aver commesso il fatto con abuso di poteri e violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione e in più perchè ha indotto in errore il responsabile del Settore Affari Generali e Segreteria generale del Comune di Agrigento in ordine alla sussistenza di un suo diritto alla percezione dei gettoni di presenza relativi alle sedute di commissione, in tal modo procurandosi l’ingiusto profitto della corresponsione della complessiva somma di Euro 5.130,38 con corrispondente danno per l’ente..
Per Antonino Cicero, invece, l’accusa è quella di avere indotto in errore, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, il Dirigente del Settore V – Servizi finanziari del Comune di Agrigento in ordine alla sussistenza di un suo diritto alla percezione del rimborso spese di viaggio per la partecipazione alle sedute del Consiglio comunale ed alle riunioni della VI Commissione consiliare, in tal modo procurandosi l’ingiusto profitto della corresponsione della complessiva somma di Euro 30.556,05 con corrispondente danno per l’ente pubblico. Produceva richieste di rimborso per spese di viaggio in seno alle quali attestava falsamente di aver dimora abituale nel territorio del Comune di Palermo.
Dunque, più che “gettonopoli”, l’inchiesta è “rimborsopoli”.